venerdì 24 dicembre 2010

La vigilia di un bambino allo specchio

La vigilia di Natale, quando non vivi pienamente il Natale, ha un effetto strano, appare come una magia riflessa in uno specchio, ne apprezzi le forme, ma non ti stimola i sensi, non avverti i rumori, i profumi, non ne tocchi la densità. Una via c’è, però affinchè la percezione del Natale si faccia viva, essa può crescere attraverso i sensi del cuore. Chiudi gli occhi e pensa, orinenta il tuo animo al passato e come per incanto tornerai bambino. I più piccoli dimostrano una grande capacità selettiva, una maturità di scelta alle volte nettamente superiore a quella degli adulti, discernono l’impegno dal tempo libero, la fatica dal riposo, riuscendo in pochi attimi a percepire il presente, la realtà che li circonda e per questa ragione possono pienamenete apprezzarne la bellezza. Il risveglio non è faticoso la mattina della vigilia, il clima di attesa rende adrenalinica l’aria, un sole intenso e freddo illumina la giornata, mentre un tepore artificiale che odora di fritto e di cannella investe le narici. Il suono tremulo del campanello accompagna la figura caracollante di un nonno che lentamente si arrampica su una scala portando in mano pasta di pane fritta, cibo di vigilia che prepara a ben altre prelibatezze. Luci in serie accompagnano i movimenti lenti e sincopati della casa, questi a scatti divengono più frenetici e decisi mentre personaggi del presepe in cartapesta assistono attoniti al variare delle forme e dei profumi. E’ giornata di vigilia e di ritardi è momento di pacchetti e di ricordi. Una tazza di te, l’acqua del lavandino che scorre sollevando un intenso profumo di mare, il campanello che nuovamente trilla, odore di freddo nella casa guance umide e fredde di un bacio di augurio dato a dicembre, scambio di idee di progetti e nuovamente odore di vincotto e cannella. Sembra che il mondo voglia dare gli aguri e l’attesa, per un attimo, è investita dalla noia di un momento atteso da un anno. E’ bianca e intensa la luce che attraversa la finestra, investe gli occhi di chi la cerca, è una luce di ricordi che in un’istante si rimesola alla nebbia del presente, il ricordo è finito, la magia torna ad essere riflessa nello specchio. Buon Natale a tutti, a chi guarda il riflesso e a chi vive nello specchio , sperando che quest’ultimo non provi mai il momento di nostalgia di chi assiste al di fuori dello specchio.

domenica 19 dicembre 2010

Il prevaricatore

Il prevaricatore è colui il quale ritiene di essere migliore degli altri solo perchè occupa una posizione di rilievo, il prevaricatore è quella persona che continuamente ribadisce al mondo che lo circonda i suoi titoli, pensando di poter sostiutire alla capacità la titolarità di un pezzo di cartone ed una marca da bollo. Il prevaricatore è quello che non parla di se in prima persona ma si eleva a terzo da se pensando che esprimendo giudizi sulla propria persona possa esimersi dalle proprie responsabilità. Prevaricatore sei tu ogniqualvolta non ti ritieni responsabili delle tue azioni e attendi che altri prendano ladecisione giusta per te. Prevaricatori siamo tutti quando ci facciamo prendere dalla stupidità, ritenendo di dover tollerare le prevaricazioni altrui e acquisendone quindi una quota della stoltezza.

mercoledì 15 dicembre 2010

Commento di un giorno di ordinaria italianità.

Tante volte ho scritto di incoerenza, di mancanza di lealtà e di stupidità, ma ieri si è vista la sintesi di tutto ciò. In poche ore, più di 600 persone all'interno di un palazzo e un indefinito numero di sbandati al di fuori hanno dato prova di quanto possa essere devastante la stupidità umana. Commenti al vetriolo, frasi da bettola e urla da stadio, uniti a violenza gratuita hanno caratterizzato il parlamento nazionale, mentre pseudo-studenti hanno distrutto un quartiere di una capitale, invece di trascorrere la propria giornata sui libri per costruirsi faticosamente un futuro. Quattro ragazzini hanno aggredito in modo inurbano e folle dei servitori dello Stato danneggiando pesantemente beni pubblici pagati da tutti noi e forse anche da qualcuno di loro. Questa è la vera sfiducia, questa è la bestiale ignoranza. tutto ciò va ascritto alla più feroce incoerenza, ma d'altronde ognuno ha ciò che si merita, gli italiani meritano cotanto spregevole classe dirigente ed i nostri politici non posono stracciarsi le vesti se occupano certe posizioni grazie all'esercizio democratico di altrettante bestie immonde che con violenza protestano contro il nulla. Se l'ignoranza non fosse un male endemico del nostro paese politici e facinorosi capirebbero che è sul tavolo del sapere e delle conoscenze che ci si confronta e non con la lotta muscolare tra parti avverse carattertizzate da un minimo comune denominatore, l'incapacità. Poi, detto a denti stretti, se la polizia invece di fare testugini e cariche di alleggerimento tirasse quattro calci nel culo a questi quattro pecoroni non saarebbe poi male, ma per governare le pecore occorre sempre un Pastore.

domenica 21 novembre 2010

Una vita regolare

Alle volte ti chiedi perchè le cose vadano male, ma non riesci a darti una risposta. L'economia precipita, le famiglie si sfaldano, persino il Papa afferma che da oggi si possono usare i preservativi, con moderazione, ma si possono usare.Insomma tutte le certezze, anche quelle di cui non condividevi la logica, vanno progressivamente sfaldandosi, forse è per questa ragione che tutto va a rotoli, che tutto va male. Visione pessimistica del mondo? Può darsi, o forse punto di vista profondamente influenzato dal fatto che chi scrive sono 31 giorni che si sveglia alle sei e trenta del mattino andando a dormire non più tardi della una di notte. Quindi, dormite molto, mangiate sano e non rompete le scatole al prossimo, vedrete che la borsa non riprenderà a salire, la famiglia rimarrà una istituzione in rotta di collisione con la società e quanto alla fede se ci credete bene altrimenti lasciate perdere, però sarete sereni e pieni di vitalità. Buona domenica a tutti.

lunedì 23 agosto 2010

A Foggia è tornata Zemanlandia

E’ semplice scrivere di calcio volendone fare la mera cronaca degli avvenimenti, un po’ di arguzia, dettagli su tempo meteorologico, numero di spettatori paganti, formazioni ed azioni salienti. Ciò che diviene difficile è spiegare un sentimento, rendere altre persone partecipi delle sensazioni che alle volte il calcio ti può dare. Ieri alle ore 16.00 presso lo stadio di Cava dei Tirreni si è disputata una partita che in valore assoluto non ha nulla di esaltante da evidenziarsi, due squadre di provincia si sono affrontate nel’ambito della prima giornata di campionato in Lega Pro; eppure qualcosa è accaduto, una alchimia si è verificata. Undici giocatori con una media anagrafica di 23 anni, allenati dal boemo Zdenek Zeman hanno dimostrato con appena quindici giorni di preparazione le doti e le competenze atletiche necessarie a produrre un bel calcio, un calcio che nei tempi in cui non esisteva la Pay Tv, il satellite e le sponsorizzazioni selvagge si sarebbe definito calcio champagne. Un calcio giocato in trenta metri, con la palla a terra, in grado di far nascere un goal nei pochi attimi che distinguono appena quattro passaggi. Non si entrerà nel merito del risultato, ma nella certezza dell’emozione, ieri il Foggia di Zeman per novanta minuti ha riportato gli appassionati di calcio, del bel calcio, anzi si dirà meglio, dell’unico vero grande calcio, in un mondo incantato fatto di mezze rovesciate, cross, corsa forsennata, sudore e passione, affiatamento e grandi tiri. Questa sintesi quasi perfetta è stata in grado di far emozionare, di riportare il calendario indietro di venti anni che sono poi quelli anagrafici dei protagonisti di questo che potrebbe essere il nuovo miracolo zemaniano. Vent’anni fa molti di questi giovani calciatori non erano nemmeno nati, eppure oggi, come allora i loro predecessori, essi riproducono uno spettacolo che il tecnico di Praga da più di 30 anni mette in campo nel teatro del calcio. L’hanno odiato, calunniato, allontanato dalla ribalta, ma Zeman è uomo di prima linea perché come lui fino ad oggi pochi hanno fatto piangere e bestemmiare i tifosi, correre vincere e sudare i calciatori, ed ancora troppo pochi hanno fatto sorridere e nello stesso tempo terrorizzare i notabili di quello che in modo falso ed approssimativo ancora oggi si definisce il campionato più bello dal mondo. Certo non è solo il regista che fa grande un film e non saranno solo i primi minuti a poter consentire di definire un trailer parimenti ad un colossal, ma chi ha passione sa anche aspettare ed i tifosi di zemanlandia hanno atteso per venti anni che il miracolo potesse ripetersi. Non ci si sperticherà in pronostici, e qui si ribadisce non si citerà la mera cronaca sportiva, ciò di cui si vuole fare la cronaca in queste poche frasi è solo delle emozioni, quelle pure di un cuore che batte quando la palla si fionda veloce nel sacco, di un muscolo che si tende quando si percepisce che un affondo sulla fascia può andare a buon fine, di un orgoglio che cresce quando si ha la consapevolezza che una squadra, fatta per due terzi da ex calciatori provenienti dalla primavera, con due settimane di preparazione, è nelle condizioni di fare tre goal in un campionato professionistico. Si vogliono concludere queste righe di puro sentimento con un auspicio, che questi giovani rimangano, almeno nella voglia di fare sport, puri come hanno mostrato di essere in queste settimane di sacrificio ed allenamento, che Zeman continui ad essere il grande regista che è e che la società pronta a sostenere in queste ore la squadra vada oltre il mero guadagno, che pur ci vuole, ma che da solo dà frutti velenosi quali quelli delle sponsorizzazioni, delle farmacie e della pay tv, tutte cose che non fanno emozionare e che sono unicamente in grado di fare scendere lacrime di bile in tutti coloro i quali ritengono ancora il calcio uno sport alla stregua dell’atletica o dell’hockey sul ghiaccio.

martedì 10 agosto 2010

Scrivo poco

Non è la stagione estiva che mi spinge a scrivere meno, ma la tristezza e l'amarezza per una condizione di precarietà che percepisco nell'anima. Scrivere è come partorire se non fai di tutto per far nascere una creatura, all'atto del parto, rischi di incorrere nell'aborto, inoltre per quanto attiene alla scrittura non vi sono parti cesarei.
Ad maiora.

sabato 24 luglio 2010

Non esiste la giustizia nel merito

“Non esiste la giustizia nel merito, ma sicuramente esiste una giustizia del demerito.” Questa frase, meglio di tante, può sintetizzare quanto accade oggi nella disgraziata e malridotta pubblica amministrazione nazionale, luogo di nefandezze ed autoreferenzialità, di atti di carteggio e fannulloni. Il Ministro Brunetta, da quando si è insediato al Governo ha avviato, contro questo sistema di potere, una lotta senza quartiere, ma per la verità anche senza risultato, ovviamente non per carenza di volontà, ci si guarda bene in tale sede da esprimere siffatto negativo giudizio, ma per assenza di cognizione delle realtà. Il Signor Ministro, come tanti altri censori e riformatori dell’Italia nostra, manifesta nella propria attività e nelle quotidiane esternazioni sempre lo stesso grado di superficialità e provincialismo, due difetti che riescono a tramutare, anche le iniziative più encomiabili, in sonori tonfi senza futuro. Le parole dell’autore sembreranno pesanti e peregrine, ma così non è, e di ciò se ne vuole dare dimostrazione. Chi non ha mai sentito parlare di alcuni principi cardine della Pubblica Amministrazione che vanno sotto il nome di imparzialità, competenza, equità, indipendenza. Sicuramente molti, ma quanti in effetti poi si sono imbattuti in funzionari, preposti e dipendenti. Quanti nel settore dei pubblici affari hanno mai fatto di questi, come di tanti altri importanti valori un proprio modello di condotta, la risposta è semplice, nessuno. Ancora una volta con queste frasi sembra si voglia porre una lapide sull’argomento, in realtà non è così, l’amarezza di tali considerazioni discende da un mero scontro con la realtà fattuale. L’apparato dello Stato, in quanto comune a tutti e quindi di proprietà di nessuno, è assolutamente autoreferenziale, esiste quindi per garantire la propria sopravvivenza, in tale lotta per la vita ovviamente sono i più scaltri quelli che se la cavano meglio degli altri, secondo un approccio parassitario assolutamente tollerato; ed intanto mentre il cittadino soccombe, il gruppo degli intoccabili autoreferenti di se stessi si ingrassa. Nella teoria un nugolo di controllori dovrebbe garantire al sistema di non avvitarsi nella clientela e nell’arbitrio, ma i controllori provengono dalla stessa pubblica amministrazione e pertanto con essa sono collusi, poiché è ad essa che devono le loro fortune e le altrettante prebende, in siffatte circostanza non resta che affidarsi ai sempre più rari uomini di buona volontà, ai tiratori di carretta patentati, a tutti coloro i quali, senza uno straccio di gratificazione continuano ogni giorno, con senso del dovere a credere nella buona stella e nel merito. A questi signori si vuole far cadere una tegola in testa, poiché come si affermava in esordio non esiste la giustizia del merito, essa è degli idealisti, essa è il frutto di un mondo che non c’è più o che forse non è mai esistito. Nichilismo e pessimismo tra queste righe certo, ma anche fiducia nella forza del demerito esso è come lo sterco animale, lo si può nascondere, ma prima o poi il terribile olezzo travolge ed allontana, sporca e condanna. Signor Ministro, Signori della politica che tanto pontificate e riformate, spezzate il giogo dell’autoreferenzialità d’annata, fate sì che i vostri metri di misura ed i vostri strumenti di disciplina non siano regolamenti, ma tavole di principio, guardate negli occhi i funzionari infedeli ed abbiate il coraggio di prenderli a calci nel sedere, solo con questi strumenti scoprirete la spazzatura che da anni si nasconde sotto i tappeti di una Pubblica Amministrazione sempre più malata, solo così riformerete alla radice il sistema. Tenete però sempre presenti due valori l’esempio e lo spirito di sacrificio a cui mai dovrete sottrarvi o far sottrarre i frutti delle vostre scelte, così che si possa tutti vivere in una terra di principi e non di regole da evitare, affinché il merito vinca e chi demerita vada fuori da tutto.

sabato 26 giugno 2010

Rialziamo la testa

Il tempo fugge e ti riempie di nostalgia, il cuore batte un po' più forte, mentre il passato affiora lento nei meandri del ricordo, ma non ci puoi fare nulla le primavere inesorabilmente scorrono. I volti del passato sbiadiscono e poi scompaiono mentre un indefinibile futuro si affaccia all'orizzonte. Non è questo un periodo sereno, si fa fatica ad avere delle prospettive positive, le aspettative sono di tutti i colori fuorchè rosa eppure occorre farsi forza. Il coraggio è stato già trattato come valore, eppure ritorna sempre nelle scelte e nei bivi della vita. In ogni circostanza occorrerebbe rinvigorirlo, ma talvolta è così difficile, soprattutto quando la solitudine dell'anima avvolge gli eventi e rende tutto un po' più buio. Deprimenti queste parole, forse si, ma ricche di verità. Occorre rialzare la testa, ma non sempre ciò è semplice, l'mporante è non ritenerlo impossibile.

lunedì 21 giugno 2010

La delazione

Il delatore è una figura che nel mondo contemporaneo sembra sia scomparsa, non esistono più le veline di partito, i pettegoli guardatori nelle toppe della porta, non c'è più l'esigenza di doversi arabbattare per sapere e parlar male. Intercettazioni, computer e telefoni cellulari agevolano il lavoro e ripuliscono le coscienze, ma l'assenza dell'esecutore materiale, non toglie l'azione legata alla delazione, al parlar male, all'annullare il bene fatto da altri. Il delatore è una vera e propria canaglia si nasconde nell'ombra, non si mostra, ma mormora e ingigantisce, infastidisce e serpeggia sputando veleno, intorbidendo le acque, ammazzando tutto ciò che è onestà purezza e lealtà. Il delatore insozza la via al suo passaggio e seppelisce con lo sterco delle proprie azioni il mondo che lo circonda. Ha le mani sporche e puzza di bruciato il suo agire, il delatore è un essere maledetto dalla società, per essa nutre invidia e disillusione, il mondo lo ha allontanato dal suo interno, lo ha posto ai margini ed egli come emarginato si comporta. Di genere la delazione nasce proprio in ambiti del tutto marginali dell'animo, in menti disturbate che tutto hanno perduto e quindi nel parlar male degli altri trovano intrinseca e malata soddisfazione. A cotanta sfrontatezza e malattia occorre reagire dando dei duri colpi. Schiacciare la delazione ed i relativi delatori è un dovere civico, poichè sono un cancro che può uccidere le società più sane. Gli strumenti più efficaci sonovla scoperta del delatore, la sua circoscrizione ed in fine la totale eliminazione con unitarietà d'intenti, affinchè non nuocciano più, affinchè il loro male venga reso inattivo dalla forza delle persone di buona volontà.

lunedì 10 maggio 2010

A chi la Vittoria?! A Noi!

Con queste semplici frasi si travolgevano le masse popolari italiane in quell'epoca storica ai molti nota come Il Ventennio, periodo apprezzabile e deprecabile al tempo stesso. Due decenni fatti di grottesche vicende, esaltanti successi e tragiche scelte, ma pur sempre uno scorcio della nostra storia. Tanti hanno lottato per dimenticare e troppo pochi invece per analizzare e comprendere. Li chiamano revisionisti, sciovinisti, razzisti e neo fascisti. Niente di tutto questo è vero. A chi studia non vanno assegnate categorie o etichette, per chi si documenta e poi divulga ogni attributo è vano in quanto e sarebbe come dare un titolo al titolo stesso senza mai entrare nella concretezza del testo. Queste parole sembrano apparentemente vuote facendo nascere incertezza sul dove si voglia in effetti andare a parare, la risposta è presto data si vuole andare a parare dalla parte opposta a quella del comune sentire fatto di superficialità ed attacchi unilaterali, si vuole andare verso una conoscenza dettagliata e mai completa, si vuole offrire uno spazio libero nel quale non si teme di dire che il Fascismo è un pezzo della storia d’Italia, che Mussolini fu uno statista, che quaranta milioni di Italiani stavano con il Duce, che la dittatura non fu il male assoluto, che le leggi razziali furono il frutto amaro ed ignominioso di una alleanza, al pari della spartizione della Polonia, del genocidio degli Armeni, dello sterminio dei Curdi e della furia cieca contro gli ebrei russi, fino al 1941 spediti dal dittatore Stalin nei campi di sterminio dell'alleato Tedesco. Non si diano etichette a queste parole, se ne prenda atto così come si prende atto del fatto che la dittatura è una forma di governo non applicabile nel mondo moderno inaccettabile al pari della politica di invasione e del razzismo, comportamenti questi che privano gruppi di individui del valore fondante di ogni civile società, la libertà. La si finisca però di portare avanti un conflitto permanente in seno alla società italiana facendola affondare per cause politiche. E' noto che la politica ha dinamiche che vanno oltre la società che essa stessa rappresenta, pertanto sconvolgere gli equilibri inter-umani per rispondere a scelte che di umano non hanno nulla non fa altro che ingenerare una lotta nella lotta a tutto discapito della conoscenza e della felicità.

venerdì 30 aprile 2010

Il mistero amaro della morte

Trascrivere il dolore è come voler mettere nero su bianco lo Spirito, l’essenza eterea di ciascuno, pressoché impossibile. Allora cosa si riesce a trasporre in frasi, cosa si tramuta da immaterialità in sostanza? In certe circostanze solo il male, solo la durezza delle umane cose, solo l’amara impotenza di constatare come ciò che oggi c’è domani potrebbe non esserci più. Un sorriso, un abbraccio, un sentimento, un affetto, tutto in un attimo scompare, rendendo per un attimo vuote le preghiere, inutili le afflizioni. Tutto d’improvviso diviene atroce e da estraneo e lontano tocca la terra con la durezza di un terremoto, con la pesantezza di una grandine inattesa, capace di distruggere un fiore, di annullarne i colori, di cancellarne per sempre il profumo. Fluisce l’immateriale coscienza di chi scrive della morte, rapida ed inesorabile almeno quanto l’amarezza di essere consapevoli che qualcuno oggi era e domani già non è più, mentre l’anima vola via con il vento accompagnata da una semplice frase che annuncia la scomparsa del corpo. Il dolore batte come un martello sull’incudine della mente e del cuore di chi rimane, ma questa incudine non è di ferro ed in modo infinitamente triste si sgretola sotto l’incredibile ripetitività dei colpi inferti dalla tristezza. Ho conosciuto il tuo sorriso, ho visto il tuo respiro, adesso non ci sei più e di te al momento non rimane che un doloroso ricordo, ipocrita sarebbe dare a questo cinico atto della memoria una dolcezza che non c’è , sarà solo il tempo a rendere possibile tale mutamento, per cui solo domani il maleodorante lezzo della morte potrà tramutarsi nel dolce profumo della memoria, le frustate inferte dalle parole non dette nelle dolci carezze delle quotidiane preghiere di chi ama. Adesso c’è spazio solo per l’amarezza, adesso c’è strada solo per il buio. Ma tu anima dolce che hai lasciato le umane spoglie, tu figlio di Dio, non temere di ciò che lasci non rammaricarti per quanto non hai fatto e raggiungi con serenità l’alto dei cieli immortali in cui alberga il bene e la pace. Noi qui continueremo a camminare certi che tu dall’alto dell’Empireo rivolgerai uno sguardo affettuoso verso di noi e potrai intercedere per i nostri errori. Ci mancherai, ci mancherai tanto, segno ne è il fatto che la forza di scrivere viene meno, travolta dallo sconforto di non riuscire a capire fino in fondo il mistero amaro della morte.

venerdì 9 aprile 2010

Basta sputare veleno.

Non si ritenga che queste poche righe siano una difesa ad oltranza di alcunchè, non si spaccino queste considerazioni per prese di posizione bigotte o religiosamente schierate, ciò che si leggerà di seguito vuole essere una vera e propria sentenza di condanna rivolta a degli imputati sordidi ed infidi che vanno sotto il nome di speculatori dell'anima. In questi ultimi mesi abbiamo letto accuse di ogni genere rivolte alle alte sfere e non della Chiesa Cattolica Romana,accuse terribili di pedofilia e manipolazione della verità, insabbiamenti ed omissioni,con una stampa sempre più schierata nelle posizioni del contro, con il clero sempre più chiuso nell'angolo del silenzio. Notoriamente la Chiesa non risponde alle provocazioni, ma dimostra la sua forza con quello che viene definito l'apostolato, cioè la capacità di testimoniare il bene attraverso la parola e l'azione dei suoi figli in Cristo. Notoriamente la Chiesa non combatte guerre con le armi dell'uomo, ma opera i cambiamenti con la battaglia delle coscienze. Notoriamente la Chiesa di Roma esiste da più di duemila anni. Tenuto conto di tutto ciò, perchè un attacco di siffatta portata, perchè un'azione così massiccia, da non potersi in alcun modo ritenere non pianificata. Molteplici le risposte, ma univoca la condanna di cui si è detto in precedenza. Fa paura una organizzazione potente e radicata di cui non si conosce a pieno il funzionamento, a chi fa paura? A tutti coloro i quali vogliono operare in regime di concorrenza con tale organizzazione. Fa paura una comunità di miliardi di persone che fa capo ad una entità non tangibile e difficle da comprendere come la Trinità. A chi fa paura? A tutti coloro i quali vogliono proporre una alternativa. Fa paura la Chiesa promotrice della pulizia delle coscienze. A chi fa paura? Ai tanti che queste coscienze le vorrebbero soffocare per evitare che possano suggerire qualcosa di diverso dai dictat di cui la concorrenza della fede si fa promotrice attiva. Certamente qualcuno in seno alla Ecclesia si è macchiato di colpe infamanti per le quali non bastano il cordoglio ed il perdono, occorre la pena, quella severa ed inderogabile dell'oblio dato dalla giustizia dell'uomo, in attesa che si compia la Giustizia di Dio, ma questi errori sono compiuti da uomini che operano all'interno di una comunità. Quanti politici, militari, magistrati, insegnanti, medici, quanti di questi individui, soggetti a giuramenti etico-morali, si sono macchiati di colpe aberranti per la quali non si deve avere pietà; gli errori di questi sono mai stati motivo di condanna per la categoria a cui gli stessi appartenevano? A tali gruppi organizzati è mai stato chiesto di scusarsi per le malefatte commesse? Eppure tutti questi giurano fede a qualcosa, parimenti agli uomini di chiesa, operano in seno ad una spinta vocazionale, concorrono al bene comune, tuttavia sono uomini e come tali fallaci. Se quuanto finora detto è vero, se siamo intellettualmente corretti applichiamo il medesimo metro di giudizio a tutti e non nascondiamoci dietro alla menzognera idea che l'uomo di Chiesa in quanto tale sia meno uomo degli altri. L'uomo è uomo ed ha capacità e debolezze comuni qualunque sia il proprio ruolo nel mondo, se fa bene è Santo, se fa male deve essere condannato amaramente, am sempre uomo rimane. Tornando alla condanna da cui tutto ha avuto inizio in questo ragionamento, essa è verso gli ipocriti, verso le lingue avvelenate che colpiscono più forti della spada, verso tutti quelli che dal basso del proprio infame pulpito sputano sentenze, senza che siano nella posizione morale di poterlo fare. Si faccia chiarezza, si faccia pulizia, ma non si divenga ipocriti. Chi è senza peccato scagli la prima pietra IPSE DIXIT. E chi ha peccato taccia e paghi per le proprie colpe senza che queste colpe divengano il pretesto per annientare, tenendo sempre presente come la responsabilità degli errori sia un dato oggettivo applicato ad un soggetto che agisce.

martedì 23 marzo 2010

La scuola elementare

Il sole filtrava intenso dalle finestre alla veneziana con le loro lamelle metalliche inclinate di quarantacinque gradi verso il basso, faccio fatica a ricordare i volti, ma ciò che ancora oggi appare indelebile nella mia mente sono i profumi di quella giornata, gomma da cancellare, astucci e carta colorata, l'aroma dell'alcool che pochi minuti prima aveva disinfettato i banchi sotto le mani solerti della bidella e poi il gesso intenso e forte riempiva le mie narici, proprio da quell'odore la mia mente ritorna ad un colore, il bianco, quello dei grembiuli. Noi che abbiamo frequentato le scuole cattoliche avevamo, indistintamente maschi e femmine, il grembiulino bianco con il colletto ed il cravattino inamidati a righini blu, e poi rossa la copertina del libro di matematica, giallo il testo di grammatica e trasparente il sussidiario. Sussidiario è il suono che adesso riecheggia nelle mie orecchie assieme al cantilenare lento dell'appello del mattino seguito quotidianamente dalla preghiera e dalle parole cadenzate del tanto amato-odiato dettato. Dettato ha il suono di tatto il senso che mi faceva percepire la spigolosità della mia cartella in cartone, rigida con gli spallaci in cuoio, lucida, rossa e liscia con i libri in perfetto ordine al suo interno, compagna fedele e funzionale di un mondo senza moda. I cinque sensi sono tutti coinvolti in questo ideale primo giorno di scuola che, dissipate le nebbie della memoria, per cinque anni forse fu sempre uguale, sempre bello,tanto caro da riempirmi oggi il cuore di una amara nostalgia. Forse il mio corpo non è più in grado di avvertire certe sensazioni, forse oggi tutto è cambiato, ma magari non è mai stato così come lo ricordo. Dopo venti lunghi anni, rimane un fatto, il mio cuore in questo momento batte forte, mentre i tasti veloci scorrono colmi di attimi di gioia che hanno avuto inizio con uno splendido raggio di sole che filtrava dalle lamelle inclinate di quarantacinque gradi delle finestre alla veneziana.

venerdì 5 marzo 2010

E l'ora di dire basta.

Forse non fa per me! Avevo 15 anni qunadi scrissi "I Giovani la Patria l'Esercito di domani" Non conoscevo nessuna di queste tre realtà, le immaginavo, le idealizzavo e quindi fui in grado di scriverne, non perchè ne sapessi qualche cosa, ma unicamente per fede. Dei giovani cosa ne poteva capire uno che era poco più di un bambino, della Patria avevo una conoscenza Deamicisiana e quanto all'Esercito, non lo conosco, o meglio non lo capisco nemmenno adesso figurarsi anni fa. Eppure ne scrissi di questi tre concetti, trattai dell'argomento in valore assoluto, senza segni, senza sbavature, fui anche premiato. Oggi di quel passato più nulla, solo amare considerazioni di un presente senza umano rispetto, senza consapevolezza di ciò che distingue il bene dal male, di ciò che rende lo spartiacque tra il giusto e l'ingiusto. Sono veramente stanco di subire passivamente, soprattutto perchè mi rendo conto di non tirare i fili della mia marionetta che si muove sul mondo, qualcun altro lo fa, o meglo tenta di farlo. Inaccettabile. Il flusso di coscienza è per certi aspetti incomprensibile, ci porta a scrivere senza ritegno, nel mio caso invece è ben orientato in una ferma e progressiva opposizione ad ogni genere di sopruso. Ho preso la mia rotta non intendo in alcun modo accettare le prevaricazioni altrui.

mercoledì 10 febbraio 2010

La nostalgia.

La nostalgia è un profumo, ti riempie le narici e ti stordisce i sensi, non ti consente di ricordare ciò che è vero, ma unicamente ciò che è stato piacevole, la nostalgia è così, è bugiarda, ma daltronde non potrebbere essere altrimenti, essa esiste poichè si mente a se stessi, essa esiste poichè del passato si vuole trattenere solo ciò che non fa soffrire. Ma va benissimo così, tutti ci si trastulla qualche volta nella nostalgia, consapevoli di guardare la parte bella del sogno di una vita.

sabato 30 gennaio 2010


L’Italia paese di Santi, Navigatori, Artisti, Pensatori, l’Italia che ha dato i natali ad i più grandi ingegni della storia, purtroppo nel corso della storia è stata sempre guidata dai peggiori amministratori pubblici del mondo. L’affermazione non è ne’ gratuita, ne’ tantomeno peregrina, ma discende da ciò che possiamo riscontrare quotidianamente nei nostri paesi e nelle nostre città, splendidi scrigni in cui palazzi reali vanvitelliani si scontrano con “munnezze” nostrane, palazzi nobiliari affondano nelle speculazioni fatte da povere menti guidate solo dal vile denaro, pecunia non olet, ma in certe occasioni puzza e davvero tanto. In tutto questo clima di grigia tristezza ed abbandono, un occhio indignato e vigile lo si vuole dedicare ad un monumento che non certo vanta visitatori e menzioni mondiali, ma che tuttavia è legato al cuore dell’autore da tanti ricordi. Il Duomo della città di Foggia. Prima di approfondire lo scempio odierno un piccolo excursus sul passato di questa perla incastonata in un mare di letame che purtroppo è oggi il capoluogo della Capitanata. Anche questa affermazione è riscontrabile facendo una passeggiata tra le vie di quella che fu una delle sedi imperiali di Federico II ed oggi è sede di imperiale degrado e malaffare. Tornando al Duomo, o come con affetto lo chiamano i cittadini di Foggia “La chiesa madre”, quasi che a queste mura vogliano attribuire il ruolo protettivo di un secondo angelo del focolare che brucia nei loro cuori. La Cattedrale nasce nel 1170 su progetto dell’architetto Bartolomeo da Foggia, l’idea di creare un tempio nel mezzo di un’area all’epoca paludosa e malsana, fu legato al ritrovamento di una preziosa e per i fedeli miracolosa immagine di Maria, la Madonna coperta dai sette veli. Sebbene distrutta a seguito del terremoto del 1731 la Cattedrale, verrà ricostruita in stile Barocco, tale riedificazione non farà tuttavia perdere caratteristici ed ancora oggi visibili richiami allo stile architettonico Romanico, in modo particolare si possono apprezzare i prospetti in pietra squadrata scolpita, il prezioso cornicione con altorilievi allegorici che in epoca medioevale avevano il compito di dissuadere i fedeli dal compimento di azioni malvagie, nonché il portale San Martino e la cripta caratterizzata da meravigliose colonne. Il Settecento darà il suo contributo di magnificenza alla chiesa con l’innalzamento del campanile e la installazione interna di altari in sobrio stile Rococò, interessante è la presenza di marmi policromi e di altre realizzazioni artistiche di pregio dell’Arte Napoletana, molto in voga nel XVIII secolo. Come si accennava una vera perla, purtroppo non soggetta all’attenzione dei più in quanto avvolta da un clima di ignorante indifferenza. Data una rapidissima scorsa al passato di questo Tempio della Cristianità, veniamo alle più amare cronache recenti. Da ormai più di un lustro sono in corso dei lavori di ristrutturazione che non trovano compimento per la cronica carenza di fondi, basata peraltro su di un rimbalzo di responsabilità tra Curia e Comune, eppure tutti e due questi organismo dovrebbero aver a cuore i destini di quella che è per le gerarchie ecclesiastiche la Cattedra da cui il Vescovo impartisce al popolo di Dio il suo insegnamento e per l’amministrazione comunale un simbolo di unione ed identità cittadina. Evidentemente niente di tutto ciò interessa più,e così mentre i colombi con il loro guano fanno marcire ciò che i ristrutturatori hanno già sistemato e le intemperie scalfiscono i ponteggi di ciò che ancora deve essere messo apposto i fedeli rimangono fuori dalla porta. In tempi di crisi economica ed in una città che perde terreno in campo sociopolitico potrebbe dirsi che questo è un affare di scarso interesse, secondo l’autore non è così poiché una società matura è forte ha innanzitutto bisogno dei suoi simboli forti, ed uno di questi in Capitanata è il Tavolo della Madonna dei Sette Veli, l’antica icona dietro il cui culto nacque la città e che all’interno del Duomo è custodita. Se si è persa la riconoscenza e la memoria dei riti e delle strutture che rappresentano la costituzione della comunità, dispiace dirlo, ma la comunità non esiste più. In questa situazione si potrebbero cercare responsabili o peggio ancora colpevoli. Allora si dica colpevoli tutti, colpevoli le amministrazioni comunali passate e presenti per la nota immobilità di cui si è già trattato, colpevole la Chiesa che non ristruttura casa propria e colpevoli tutti i cittadini che non hanno mosso e non muovono un muscolo per far sentire la loro voce, riprova di tale indifferenza un banale sguardo su qualsiasi motore di ricerca del Web, alla domanda “Quando finiranno i lavori di restauro della Cattedrale di Foggia?” l’imbarazzante risposte è che non c’è nemmeno uno straccio di tread che ne parli, non un remoto blog che si indigni. Cosa vuol dire? Che la questione non interessa a nessuno. Probabilmente non è vero, ma rimane il fatto che vi è un immobilismo imbarazzante, che è l’amara dimensione di quanto la città non sia compresa ed amata. Chiunque abbia la forza, la volontà, l’amore per il capoluogo della Capitanata e soprattutto per il suo Duomo faccia qualche cosa, anche solo ne parli insieme all’autore di queste poche righe affinché l’oblio non soffochi la bellezza, affinché l’ignoranza non schiacci la dignità.

domenica 24 gennaio 2010

L'anomalia Liberale

Gli Italiani sovente si domandano perché il Bel Paese sia intriso di anomalie, siano esse politiche, imprenditoriali, economico-sociali ed istituzionali. Sempre i cittadini della bella Italia rimangono poi perplessi quando, osservando la totale assenza di liberalismo all’interno dello Stato non comprendono il perché di tale condizione . La risposta alle perplessità potrebbe, o meglio dovrebbe cercarsi nel DNA della Nazione Italia e nella sua storia. Non si vuole certo dare, a queste poche righe un taglio saggistico, ne’ tantomeno se ne sente il bisogno, tuttavia un po’ di chiarezza e di sana memoria può far bene. L’Italia nasce nel 1861 dopo una serie di guerre di indipendenza, guidate da un piccolo Stato, il Regno Sardo-Piemontese, che vedeva succedersi al trono la meno liberale delle dinastie regnanti allora in Europa. Tale approccio illiberale si rafforzò per tutto il periodo post-risorgimentale con delle politiche egemoniche nel mediterraneo che tuttavia portarono unicamente alla disfatta di Adua. Sempre nell’ambito delle scelte illiberali il Governo di allora scelse una intesa con Austria e Germania che fecero della real-politik e delle teorie geopolitiche il proprio vangelo, per poi con una mossa machiavellica, abbandonare l’intesa alla vigilia della prima guerra mondiale con lo scopo di allearsi agli anglo-francesi a seguito degli accordi segreti di Londra. La storia prosegue con la vittoria mutilata e l’ avversione alla visione wilsoniana del mondo. Ci si rese i portatori del totalitarismo in tutta Europa, si intraprese una politica coloniale quando il colonialismo era al suo crepuscolo, si contrastò inoltre il libero mercato con la terza via corporativa e con il protezionismo autarchico. Il secondo conflitto mondiale fu condotto in modo irresponsabile e suicida sia nell’alleanza con i tedeschi che in quella con gli angloamericani. Con l’avvento della repubblica la situazione non andò certo meglio avendo avuto nell’arco costituzionale il più grande partito comunista dell’occidente e avendo fondato la Costituzione sul valore del lavoro e non sui diritti dell’uomo. Certo non migliorarono la situazione la più grande presenza militare straniera nel vecchio continente, seconda solo alla Germania e negli anni ‘70 ed ’80 del Novecento una delle esperienza terroristiche più durature che la storia abbia mai conosciuto , paragonabile solo al terrorismo Nord-Irlandese ed all’attuale terrorismo islamico. Dopo un travaglio di poco più di un secolo si giunge infine ai giorni nostri, con un sistema politico prima delegittimato e decimato da un organo dello Stato, attraverso le inchieste consegnate alla storia con il nome di tangentopoli, e poi rinato unicamente sul nome di un imprenditore, senza che vi sia al momento un reale clima di costruttivo contraddittorio a causa dell’assenza di una credibile controparte politica. L’excursus fatto fino ad ora, considerando le ovvie omissioni a cui si è andati incontro, fa balzare inequivocabilmente agli occhi come l’Italia sia, per sua stessa natura, impossibilitata ad essere uno Stato liberale, il liberalismo necessita di un corpo sociale ed istituzionale solido e sano, il nostro è un corpo giovane, ma malato, inoltre come si evince dal passato tutte le terapie condotte sono state sbagliate, poiché interamente basate sul principio della conflittualità permanente: colonie, fascismo, guerra, terrorismo, giustizialismo, conflitto di interessi. Sempre e solo lotta, mai ricerca di equilibrio, di un fondamento etico che attraverso l’intervento mediatore e se del caso coercitivo, fatto da parte dello Stato avrebbero potuto dare al sistema Italia, una vita ed una struttura decisamente più normali. Di proposito non si fanno paragoni, soprattutto perché non si ritiene di dover imparare nulla dagli altri Paesi e perché si ha la certezza che non vi sia in Italia una condizione peggiore rispetto ad altre nel mondo, ciò che si vuol dare è innanzitutto una risposta e poi, data la circostanza e l’opportunità, uno stimolo ed un suggerimento alla riflessione non superficiale circa le dinamiche di una Nazione che ha tanto da offrire, ma che deve prima di tutto guarire ed imparare a camminare.

lunedì 18 gennaio 2010

Un incontro speciale

Ha avuto luogo, presso la Sinagoga di Roma, la visita di Benedetto XVI alla comunità ebraica della Capitale, una visita ritenuta storica e soprattutto una visita che vuole ancora una volta rimarcare la vicinanza della Chiesa di Roma e del suo Pontefice agli ebrei in Italia e nel mondo. Una domanda certo sorge d’obbligo, soprattutto ai non addetti ai lavori, perché tanta importanza, perché tanto risalto mediatico per quella che potrebbe apparire come la visita di un leader religioso, ad un tempio di un altro credo. Tenuto conto del fatto che Cattolicesimo e Giudaismo hanno come comune denominatore quello di essere due delle tre grandi religioni monoteiste la sorpresa c’è. Millenni di storia di lotte e di conflitti non si dimenticano, la società di oggi vive una sorta di sincretismo contemporaneo, che porta gli individui a ritenere tutto il mondo , con le sue dinamiche storico-politiche, con i suoi drammi e le sue virtù, quale una unica grande rete, come se la globalizzazione, possa essere stata in grado di unire oltre ai consumi ed alle comunicazioni anche gli spiriti. La realtà è ben diversa, non è tutto epoca moderna, non siamo tutti fratelli ed il mondo è solo più vicino in termini mediatici, senza che questa vicinanza riesca a tradursi in una prossimità culturale, morale e quindi religiosa. Si diceva che il segno dei millenni pesa, e soprattutto pesa nelle religioni, così come in passato pesava nelle case regnanti. Un adagio ormai dimenticato dai più recita che per le religioni e per le dinastie al potere ciò che contano sono i millenni e non le centinaia di anni. Se le considerazioni sulla differente percezione del tempo sono vere, risulta ovvio ritenere che l’incontro odierno ha qualche cosa di clamoroso, con questa stretta di mano tra il Santo Padre ed il Rabbino Capo di Roma si cerca di superare da parte ebraica il rancore causato dall’antisemitismo che ha imperversato per circa duemila anni nel cuore dell’Europa e che per certi aspetti è stato tollerato anche dalla Chiesa di Roma, da parte Cattolica si superano le questioni di carattere teologico, ma anche le inimicizie legate alle resistenze della comunità ebraica circa il concetto di universalismo che i cattolici hanno voluto dare del loro credo religioso. Tenendo conto di quanto accaduto nel 1986 con Giovanni Paolo II, delle visite in altre Sinagoghe da parte di Papa Ratzinger nel 2005 e nel 2008, sembrerebbe che si stia andando verso un terreno di dialogo sempre più fertile che indubbiamente avrà dei vantaggi per tutte e due le parti a confronto. I cattolici Cristiani attraverso un atteggiamento concorde con i credenti della religione Giudaica potranno dirsi i primi ad aver del tutto superato l’atteggiamento antisemita che ancora sporca certi rami dell’Islam radicale e dell’Ortodossia Cristiana radicale, così da cercare un nuovo ruolo nel consesso diplomatico mondiale; per quanto attiene agli ebrei, il vantaggio è addirittura doppio, poiché non solo troveranno in Roma e nella diplomazia vaticana un buon alleato su cui contare, ma assimilando il giudaismo allo Stato di Israele, certamente Tel Aviv avrà nel Papa una sponda ottimale contro l’accerchiamento islamista. I cristiani copti perseguitati in Egitto e la nutrita comunità cristiana del Libano sono due realtà che se unissero le loro istanze di libertà religiosa a quella ebraica potrebbero contribuire a far muovere la comunità internazionale in un direzione maggiormente favorevole agli interessi israeliani. L’incontro odierno ha assunto nella sua sostanza una grande importanza considerando anche che il Papa teologo, Benedetto XVI, guida la propria politica con grande avvedutezza e prudenza, senza alcun passo azzardato o non pianificato per tempo, quindi la scelta di portare avanti un dialogo tanto intenso con la comunità ebraica certamente avrà dei riscontri nell’ambito delle relazioni internazionale. Oltre alla dimensione politica c’è poi da aggiungere un aspetto di carattere umano altrettanto fondamentale che è quello di un comune spirito di solidarietà, che ha mosso cattolici ed ebrei, uno spirito che discende certamente dalle affinità che legano i due credi e dai valori morali che da sempre li accomunano e li contraddistinguono, un atteggiamento che se portato avanti con decisione potrebbe dare luogo ad un circolo virtuoso importante per gli equilibri e per la pace internazionali.
Tito Livio.

domenica 10 gennaio 2010

Incazzati neri.

Eccoli li, in rivolta, incazzati come non mai, pronti a distruggere tutto, senza niente da perdere, perchè tutto ciò che avevano lo hanno già lasciato, compresa la dignità. Sono gli immigrati, clandestini e regolari, che vivono a Rosarno quelli che in questi giorni fanno discutere, quelli che in queste ore fanno indignare e riflettere, quei reietti che fino a ieri erano buoni solo per raccogliere ed oggi sono alla testa di una forza bruta ed irrefrenabile pronta a seminare odio e distruzione. Qui non si vogliono dare colpe, ne' dispensare soluzioni, soprattutto perchè si ritiene che questi stranieri abbiano rangione ad essere incazzati, abbiano diritto di essere tanto indignati da arrivare ad estreme conseguenze. La Calabria, la Sicilia, la Puglia, la Campania, terre di fannulloni e criminali, terre di mafia endemica ed invincibile si ribellano agli stranieri invasori e forse continueranno a farlo, tuttavia lo fanno a modo loro e contro un pericolo che non esiste, ma che fa comodo perchè in fondo non incute una vera paura. Agli abitanti di Rosarno sentiamo ripetere continuamente che li aiutavano quei disgraziati, che gli portavano cibo e vestiti, ma questa non è integrazione è elemosina, è un modo per lavarsi la coscienza consapevoli di averli sfruttati e maltrattati, non solo nei campi, ma anche con la manodopera edile a basso costo, e chissà in quali altri modi e per quali altre incombenze, che poi si sa " i neri sono bravi, quelli stronzi sono gli albanesi, con i neri ci puoi parlare e loro hanno voglia di lavorare." Sì, ma senza paga. Alla fine anche questo nodo è venuto al pettine e tanti altri con il tempo ne verranno, l'intolleranza crescerà sempre più fino a quando cominceremo a contare i morti nele strade, Rosarno è stato un campanello dall'arm e, ma anche una scuola, scuola di frustrazione, scuola di impotenza. Nella cronaca dei fatti si critica, si evidenziano i colpevoli, si cerca chi sparge il seme dell'odio, ma non si vede mai quali sono le caratteristiche del "campo" nel quale questo seme attecchisce e fa germogliare la morte. Il sud come detto è terra di crimini e nullità, drammi e passioni, tutto condito da grandi pregiudizi e tragedie umane, su questa base nasce l'esasperazione di cittadini consapevoli che date le corcostanze non sanno più contro chi lottare, che non hanno più un santo a cui votarsi, cittadini che come una molla compressa attendono di sfogare la loro energia colma dei sopprusi e delle angherie subite: i loro guadagni sono taglieggiati dai clan, i loro figli muoioni negli ospedali, i nonni cadono dalle ambulanze, i padri muoiono mentre fanno la fila all'ufficio postale, l'immondizia li travolge, la diossina li avvelena, la droga e l'assenza di scrupoli li stordisce. In questa miscela micidiale nasce la voglia di reagire di reagire senza coraggio, di lottare contro un nemico che possa subire senza rispondere, perchè quelli che rispondono alla loro rabbia ci sarebbero pure, ma sono temibili e sono proprio loro la causa di tutto questo odio. Eccolo lo straniero, quello diverso, ma non troppo, quello che ha un'altro colore ma che come il meridionale è schiavo, di un diverso padrone certo, ma sempre schiavo, figlio di una povertà materiale, così simile alla povertà morale; eccolo li è lui il mio nemico e contro di lui devo lottare. Così è nato l'odio, così ha avuto inizio la tragedia di Rosarno, del Sud Italia, dell'intera Italia, una Nazione priva di popolo, perchè priva di coraggio, il coraggio di eliminare quei grossi magnaccia che di nero hanno solo l'animo, un animo degno del peggior razzismo, il razzismo che deve farci sentire orgogliosi di essere diversi da questi maledetti mafiosi, esseri immondi da segregare e poi eliminare perchè essi sono inferiori, indegni sporchi e maleodoranti.